Maledetto Garbino , Ravenna


E’ una giornata ventosa, la maggior parte delle persone impreca contro Eolo, mentre altre dichiarandosi fortemente meteoropatiche, subiscono fisicamente e moralmente le condizioni atmosferiche.
Il mio pensiero invece volge oltre, è già proiettato sulla spiaggia a controllare l’intensità delle raffiche e la puntuale risposta del mare per poter uscire con la mia fida tavola da windsurf.
Prendo un caffè al bar del lido ascoltando interessato l’esclamazione delgestore: “cho… oggi tira di garbino… cho”.
Per il mio livello, tenace principiante, un vento vale l’altro, rimugino tra me, l’importante che non sia esageratamente forte e le onde spropositatamente violente.
Il garbino è un vento della bassa Lombardia e dell’Emilia Romagna, le frequenze sono particolarmente significative in primavera e autunno. Soffia abbastanza forte, in particolare durante le ore pomeridiane, anche con raffiche di oltre 50 km/h sulle coste romagnole.
Raggiungo l’arenile percorrendo lo sterrato che attraversa le “paludi” che punteggiano l’area.
Placidi uccelli simili a fenicotteri sembrano osservarmi dubbiosi sulle mie intenzioni.
Faccio il mio ingresso sul “bagnasciuga” carico e determinato parcheggiando il mio ingombrante “carrello”.
Osservo l’orizzonte come un lupo di mare alla ricerca di qualcosa, in continua attesa di una nave fantasma, anche se in realtà è solo un rituale per entrare in sintonia con gli elementi della natura.
Inizio ad assemblare l’attrezzatura armando la vela e fissandola alla tavola, poi procedo alla vestizione indossando il giubbotto di salvataggio e l’imbragatura del trapezio.
Mi sembra proprio una giornata dalle condizioni ideali, vento sostenuto, anche se a raffiche, e mare non particolarmente mosso.
Porto in acqua il windsurf e recuperata la vela, il cosiddetto “motore” dell’imbarcazione, prendo il vento accelerando immediatamente.
Faccio due “tornate” senza nemmeno usare il trapezio in piena esaltazione fisica, poi con il rinforzare delle folate e il conseguente “urlare” dei muscoli mi aggancio al boma.
L’intensità della spinta consente di planare agevolmente sulla superficie increspata dell’acqua, allentando ogni remora prudenziale.
Certe volte ho come l’impressione di volare, è un’emozione incredibile, l’adrenalina pulsa ai massimi livelli.
Sull’onda dell’entusiasmo e non è solo un modo di dire, perdo di vista i miei consueti punti di riferimento ed il mio “rendez vu” sulla costa appare notevolmente lontano.
Provo a rientrare con impegnative “boline”, ma l’obiettivo non si avvicina, tento di spingermi più al largo per provare traiettorie diverse, ma il risultato non cambia, continuo ad allontanarmi.
La stanchezza inizia a farsi sentire, l’azione combinata del vento e delle onde iniziano a preoccupare seriamente.
Chiedo aiuto ad un altro windsurfer di passaggio, che mi consiglia di rientrare a riva, “se fossi buono, allora poi?” gli rispondo acido quando è già lontano.
Passa il tempo tra tentativi e imprechi, tra prove di forza e botte d’orgoglio, mi arrampico su cavalloni bizzarri ma ad ogni folata perdo regolarmente l’equilibrio, alla fine stremato cerco di raggiungere la costa molto più a nord agevolato dalla corrente e dalla direzione del Garbino.
Arrivo in acque basse al lido successivo, sono a pezzi, “Rita avrà già chiamato la guardia coste?” penso tra me e me guardando preoccupato gli aerei che sorvolano la riviera.
Inizio a trascinare l’attrezzatura, col capo chino e il morale sott’acqua, con la mannaia della solita frase che aleggia nella mente: “ma chi me l’ha fatto fare?”.
Cammino, cammino, passo una scogliera che pare osservarmi insensibile e fredda, guado un fiume che sballottandomi nella corrente sembra pungolarmi ironico, costeggio una spiaggia incurante, quasi sprezzante, della mia presenza, la meta sembra sempre non avvicinarsi mai.
Cammino, cammino, tormentato dal perfido vento primo responsabile delle mietraversie.
Finalmente il traguardo s’avvicina, lo spirito torna finalmente ad elevarsi, fino a minimizzare la faticaccia fatta, la grinta, come una mitica fenice, rinasce dalle ceneri della disfatta pronta per la prossima sfida.
Di una cosa però ho fatto tesoro, col garbino, è meglio passare la mano e aspettare la prossima occasione, almeno finché il mio livello non si sarà elevato al gradino successivo.

Parole nel vento